Io al Pd voglio bene. Nonostante la settimana che ci stiamo lasciando alle spalle.
Voglio bene all'idea che la tradizione socialdemocratica e quella cristiano sociale possano stare insieme (anzi, debbano) proprio grazie a quella parola, sociale, che in fondo, se solo volessimo, ha già dentro di sé tutte le risposte. Perché si porta dietro un senso di comunità forte, la rinuncia all'individualismo e agli interessi di parte in favore di una visione più ampia che garantisca a tutti le stesse possibilità, l'attenzione necessaria agli ultimi, il senso di responsabilità nei confronti di chi verrà dopo. Perché la socialità delle politiche, declinata in una azione di Governo di uno Stato, è l'unica via per salvare il capitalismo da sé stesso.
Voglio bene all'etimologia di quella parola, che deriva da socius, che significa compagno, cioè colui che si unisce ad un altro per un'impresa comune.
Voglio bene all'idea che quell'impresa comune, fatta necessariamente da diverse individualità, sia per l'appunto frutto di contaminazioni e non ripieghi sui diversi interessi particolari, con il richiamo a scissioni controproducenti di per sé, perché in nome della purezza si allontanano da un percorso condiviso che metta al centro gli ultimi, rinunciando così all'unico modo per difendere i loro interessi in questo Paese: governare.
Per questo ci metto passione, tempo, energie. Sono affezionato all'idea che un mondo più giusto sia possibile. E per tutto questo sono incazzato nero con quelli che il Pd lo usano per i propri interessi.
Sono incazzato nero con quei dirigenti che nell'alveo delle ideologie del '900 hanno imparato che per fare politica servono solo manovre segrete e sotterfugi, accoltellamenti alle spalle e agguati in Parlamento.
Sono incazzato con qui dirigenti che oggi fanno tremare le fondamenta del Pd perché quelle fondamenta le hanno tradite, non ascoltando l'urlo che arriva dai territori, dagli elettori e dagli iscritti. La democrazia rappresentativa non può sopravvivere se l'eletto, una volta tale, non fa gli interessi di chi ha firmato la propria delega.
Sono incazzato nero con gli sciacalli impegnati a fare il loro partitino di sinistra dell'8% (se va bene), così vicino alla loro presunta purezza e così lontano dalle esigenze di questo Paese.
Sono incazzato nero con 101 facce di merda che, in quanto tali, non dichiareranno mai di non aver votato Prodi. Ma, si sa, la merda puzza, e sapremo riconoscerne l'odore in altre occasioni.
Sono incazzato nero e lo dico a viso aperto e lo scrivo qui.
Perché a noi, ci chiamano nativi democratici perché abbiano iniziato a far politica con il Pd senza essere ex qualcosa, le cose piace dirle in faccia. Politica abbiamo iniziato a farla dalle stragi di mafia in poi. E allora non mi venite a raccontare che la frattura nel mio partito è fra ex Pc ed ex Dc. Vi assicuro che questi residui bellici fanno finta di essere separati in casa, ma quando c'è da distruggere stanno sempre insieme, sentono il richiamo della Prima Repubblica probabilmente. Cresciuti pensando che la politica si facesse nei corridoi dei palazzi romani (casa fra l'altro maleodorante in questi giorni, a proposito della puzza che citavo sopra) e non con umiltà fra la gente, ascoltando e provando a spiegare le proprie ragioni.
No. La frattura è fra i tantissimi, come me, che chiedono a gran voce che questa Italia cambi e chi la vorrebbe tenere sempre uguale a sé stessa, in un eterno inciucio fra interessi di parte, a danno degli interessi collettivi. Lì sta la frattura.
Se non ci voterete per un po' non potrò darvi torto. Magari voterete il M5S. Che in questi giorni ha saputo mettere da pare le sue contraddizioni, che pure ci sono e restano sul tavolo.
Altri momenti difficili stanno per arrivare. Ma sono convinto l'idea di questo Partito è talmente dirompente per questa modernità che riusciremo a strapparlo di mano a questi delinquenti da Prima Repubblica.
A noi, le cose, piace farle in modo trasparente, aperto, chiaro. Con il sole in faccia e il vento fra i capelli.
Lì, sempre lì, lì nel mezzo. Finché ce n'ho sto lì, sto lì.
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