Francamente non capisco il dibattito surreale sulle primarie lombarde. E sulla differenza fra civico e politico. E sulle resistenze (e reticenze?) di Ambrosoli. E sulla incomprensibile
testa bassa del Pd. E sul fatto che forse dovremmo andare a farci ricoverare tutti. Perché mentre vaneggiamo c'è una Regione che aspetta un progetto e un programma chiaro.
Prima di tutto per rispetto nei confronti di chi milita in quei partiti che tanto dispiacciono a chi si autodefinisce civico: i democratici, ad esempio, sono quasi tutti soggetti che sono «civici» fino alle 18, o le 19, o le 20, perché dedicano il loro tempo libero alla politica (diventando «politici» in serata), ma di giorno lavorano. E, vi giuro, sono in tutto simili ai professionisti del civismo. Anzi, di solito hanno meno potere di loro, nella società in cui vivono. (...) Anche perché a volte ciò che appare civico è più politico di quanto possa sembrare. E viceversa. E non è bello prendere lezioni di civismo da personalità, che spesso sono ex-politici del tempo che fu. E magari di altri schieramenti. Civici incursori, terzisti da sempre, che si sorprendono del fatto che poi a vincere sia stata per anni la destra, in questa regione. Che poi sono civici, ma non vogliono le primarie. Chi li capisce è bravo. (Pippo)
Costruiamo l'appuntamento delle primarie, che sono sempre state "civiche" per definizione, apriamo in tempi rapidi una discussione sul progetto di cambiamento della Lombardia, con un modello simile a quello delle Officine del Programma realizzate a Milano due anni fa e cambiamo finalmente, insieme, il volto e l'anima di questa regione. Se questo sarà lo spirito, e non ho dubbi che Ambrosoli lo condivida, sapremo mobilitare tanti cittadini che altrimenti decideranno di rimanere a guardare. (Francesco)