mercoledì 8 agosto 2012

DOPING POLITICO E MEDIATICO

Il giorno dopo la cerimonia di inaugurazione quelli del post pubblicano la foto della delegazione italiana e qualcuno (non mi ricordo chi e me ne scuso) commentava sottolineando un fatto curioso: siamo stati l'unico Paese a far sfilare immediatamente dietro la portabandiera uno stuolo di vecchietti che difficilmente penso possano aver gareggiato in questi giorni (nonostante una immensa Idem con i suoi 48 anni); possiamo immaginare siano responsabili e funzionari di non si sa bene cosa o addirittura presidenti delle varie federazioni.
L'immagine non mi era rimasta particolarmente impressa, non avevo dato molto peso alla cosa. Certo non mi aveva fatto piacere, ma siamo abituati a queste markette nel paese per vecchi.
Oggi però, mentre guardavo la conferenza stampa di Alex Schwazer, è tornata prepotentemente alla mente.



E' indubbio che l'atleta abbia sbagliato. Non mi faccio impressionare dalle lacrime, ma le cose che ha detto sulla federazione italiana, immagino facilmente sovrapponibili ad altre situazioni, credo proprio siano vere.
Si riconosce lontano mille miglia in questa spedizione olimpica il pressapochismo tipico di chi ricopre ruoli grazie a giochini politici più che per meriti sportivi o manageriali. Il pressapochismo di quegli anzianotti dietro la bandiera che camminano davanti agli atleti. Il pressapochismo di medaglie conquistate solo per exploit personali e non per capacità coltivate all'interno di un sistema che consenta di crescere e di gestire prestazioni e, soprattutto, preparazioni atletiche.
Il pressapochismo di chi si aspetta che un ragazzo possa gestire sempre e comunque successi e momenti di difficoltà, vittorie e ritiri, attacchi pesanti sulla stampa e incensazioni oltre ogni limite, esclusivamente con le proprie forze.
Il pressapochismo di chi pensa che la politica (non solo i partiti, la politica in generale) debba entrare dappertutto, rinunciando alla sua vocazione originale e diventando spartizione di favori e poltrone, in barba a qualsiasi tipo di criterio di merito.Arrivando persino allo sport, che dovrebbe essere sacro.
E una parola va detta anche rispetto al vergognoso scroscio di flash che non si è interrotto quasi mai nel corso della conferenza stampa, alla ricerca di lacrime e momenti di sconforto, tremori e pause colme di disperazione. Giornalisti senza arte né parte, con l'unico intento di vendere e non di informare. Con nessun rispetto per l'uomo, ma solo per qualche click in più sul giornale online in modo tale che aumentino gli introiti pubblicitari.
Il doping è una piaga da combattere, così pure come il poltronismo dello sport italiano, europeo e mondiale. Oggi abbiamo avuto chiaro davanti agli occhi che, forse, le due cose sono collegate. E che una maggior cura per le persone e per il merito garantirebbe migliori risultati, al netto di una evidente carenza di fondi.
Nessuno mi può togliere dalla testa, e chissà magari potrò essere smentito, che oggi abbiamo assistito allo sfogo di un bravo ragazzo che non ha resistito alla pressione per cause che non sono dipese solo da lui.
Anche Marco (Pantani) era fragile. Fu preso  e impallinato mediaticamente come capro espiatorio. Certo, in molti eravamo dispiaciuti, ci sentivamo traditi, ma se guardiamo ancora con passione le biciclette arrampicarsi sulle salite è anche grazie a quel pomeriggio magico sul Galibier, che tanto ricorda l'impresa compiuta da Alex 4 anni fa nella cappa di smog cinese.
Purtroppo non sempre si è campioni nello sport e anche nella vita. Evitiamo di commettere gli stessi errori. Io al processo mediatico e alla crocifissione collettiva in nome di una morale quanto mai precaria non ci sto. Allora con Marco, oggi con Alex.