Da Oltre:
Si dice «manovra correttiva finanziaria»; si giustifica l'emergenza con la crisi greca e con il sostegno all'euro; si motiva il ricorso al decreto legge con l'emergenza... Poi si scopre che la Cosa si compone di 52 articoli che comprendono, certo, le famigerate misure di cui si parla da giorni, ma anche una serie di altri provvedimenti, abbastanza eterogenei, che aggiustano qua e là i conti, tanto perché questo governo non perda l'abitudine di far passare con decreto, magari ponendo la questione di fiducia, di tutto e di più. Esempio: sono revocati i mutui accesi dalla Cassa depositi e prestiti entro il 31 dicembre 2006, il cui onere di ammortamento sia a totale carico dello Stato e che alla data di entrata in vigore del decreto di manovra non siano stati erogati. Le somme sono destinate al programma di infrastrutture strategiche, con priorità per il finanziamento del Mose di Venezia, nel limite di 400 milioni. Quanto sia, questo ammontare, non è dato sapere: ma forse andranno ad alimentare ulteriori, costosissime consulenze e progettazioni per il Ponte di Messina, che, a questo punto, gode già dell'invidiabile record di essere il ponte più costoso che NON sia mai stato costruito.
Ancora più interessante, all'art. 7 (commi 26-29), si passano le competenze di un intero dipartimento del Ministero per lo Sviluppo Economico, e cioè quelle relative allo sviluppo e alla coesione economica, che gestisce tra l'altro il fondo per le aree svantaggiate (FAS), alla Presidenza del Consiglio. Si cambia cioè la struttura delle deleghe ministeriali, e quindi dei poteri all'interno del governo, con tre commi di un articolo di un decreto che, ufficialmente, serve a tutt'altro.
Inoltre, poichè l'attuale Presidente del Consiglio detiene l'interim del suddetto Ministero (dopo la nota vicenda Scajola), che vuol dire tutto questo? Che forse, prima di cedere la delega a qualcuno di non sua piena fiducia (in cambio di un qualche assenso, per esempio al ddl sulle intercettazioni?), il Nostro Immarcescibile la svuota della poca sostanza rimasta (leggi: fondo FAS). Confermando, se così fosse, lo spregiudicato uso delle istituzioni a cui rischiamo di ritrovarci assuefatti.
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