Consiglio la lettura di questo post di Andrea Sarubbi, che dice parola per parola quello che penso.
(...) c’è un aiuto alle persone in difficoltà, al di là delle loro scelte affettive, e se in una casa non si arriva alla fine del mese mi pare poco rilevante che i suoi abitanti – soprattutto se ci sono bimbi di mezzo, e il reddito Isee tiene conto anche di questo – siano sposati o soltanto conviventi, perché il Comune ha il dovere di aiutarli. Questo significa equiparare la convivenza al matrimonio? No, io non la vedo così. Significa solo prendere atto della realtà e saperla amministrare.La crisi non guarda in faccia a nessuno, le soluzioni che vanno messe in campo devono fare altrettanto.
Si deve difendere la famiglia (e prima ancora bisogna darne testimonianza), ma non si può farlo con una guerra fra poveri in termini di diritti e aiuti economici.
Che poi Gesù Cristo ha aiutato molti che non la pensavano come lui, lontani dal suo modo di intendere la vita. Li aiutava perché avevano bisogno, senza chiedere se fossero sposati, no?
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