Un bell'articolo della Stampa sulla questione articolo 18. Qui lo
trovate per intero, qui due brevi passaggi:
In un mondo di mercati globalizzati, dove la competizione non ha confini né protezioni, non si tratta di difendere «totem e tabù», anche questi termini suonano vecchi e sbagliati, ma di confrontarsi sul modo di contemperare due esigenze: quella di favorire l’occupazione, specie giovanile, e quella di impedire una incontrollata «licenza di licenziare». Una discussione, però, che deve assolutamente evitare toni apocalittici e ricattatori, appelli ai «principi inalienabili», come controproposte irrealizzabili e controproducenti. A quest’ultimo proposito, davvero la segretaria della Cgil pensa che aggravare i costi per le assunzioni a tempo dei giovani aiuterebbe costoro a trovare più facilmente un’occupazione?
(...)
Se alle barricate conservatrici delle corporazioni, quelle dei tassisti, dei farmacisti, dei notai e degli avvocati, dei commercialisti come degli architetti e, magari, anche quelle dei giornalisti, si uniscono anche quelle dei sindacati maggiori, sarà davvero impossibile, per il nostro Paese, raggiungere una crescita economica che impedisca un irreversibile declino. I danni saranno gravi per tutti, anche per coloro che credono di salvarsi nel recinto, ormai illusorio, delle vecchie protezioni. Ma saranno gravissime per le nuove generazioni che, per tutta la vita attiva saranno costrette a una precarietà continua e, quando saranno anziane, si troveranno con pensioni da fame. Forse non ci rendiamo conto di quale «bomba sociale» stiamo innescando per uno scoppio terribile tra trenta-quarant’anni. C’è ancora poco tempo perché la nostra memoria non sia maledetta.
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