In via Padova, la San Salvario di Milano, hanno una piccola bella idea. Appendere delle luminarie con la scritta «Buone feste» in tutte le lingue del mondo. Ci si imbambola a immaginare i bambini multietnici del quartiere col naso all’insù, mentre scandiscono parole di gioia nelle rispettive lingue, insegnandole ai compagni di scuola. È Natale, no? Ed è Natale soprattutto lì, dove ancora a marzo africani e sudamericani si linciavano per la strada. Ma qualcuno si lamenta di chissà cosa, forse di un po’ di felicità, e l’assessore all’Arredo Urbano prontamente interviene: via le luminarie da via Padova, sostituite da un isolato «Auguri» in italiano, affinché la zona «non assomigli a un ghetto».
Stento a capire. A me una strada piena di luci e di idiomi sembra l’esatto contrario di un ghetto. È la vita. Ma saranno mai stati a Parigi e a Londra, questi assessori arredatori? O il solo nominarle basterà a meritarsi la patente di snob, mentre la vera schiettezza d’animo consiste nell’assecondare il provincialismo degli sfigati? Ecco, se le luminarie di via Padova avevano un limite, era l’assenza della scritta in dialetto. Milanese, italiano, arabo, inglese, spagnolo… Aggiungere, non togliere. Aggiungere e mescolare. I bambini ragionano così. I ghetti sono solo nella testa di certi adulti. Magari degli stessi che in nome del popolo tolgono le luminarie da via Padova, ma cercano di piazzare una gioielleria extralusso, quella sì snob, sotto l’albero di Natale in piazza del Duomo.
mercoledì 24 novembre 2010
NATALE AL BUIO
Il Buongiorno di Gramellini:
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