C’è una canzone che si intitola “Sabbie mobili” di un rapper italiano molto famoso e molto ascoltato, Marracash, che a un certo punto dice così: “Nessuno lascia le poltrone, niente si muove, nessuno osa e nessuno dà un’occasione (…) come un film di cui capisci la fine già dall'inizio, i vecchi stanno al potere non vanno all'ospizio (…) Chi comanda è li da sempre e non si elegge con il voto e prende decisioni senza cuore e senza quorum”.
Parto da qui. Parto dalla distanza abissale, pericolosissima, fra le istituzioni democratiche e i giovani. Come due mani che scavano un tunnel nella sabbia finiscono per incontrarsi, così una certa cultura materialista basata su un individualismo spinto e una politica che tuttora fatica ad ascoltare e a dare risposte, incapace di rinnovarsi e di proporre visioni per un futuro diverso e migliore, hanno prodotto un aumento sensibile dell’astensionismo, soprattutto fra i nati dopo il 1970.
Anche nelle comunità che frequentiamo, dove più facilmente ci educhiamo al servizio del bene comune, spesso i giovani vivono la politica come qualcosa di lontano, quasi intrinsecamente torbido, anche a causa, io credo, dell’assenza di testimoni che parlino alle loro vite e delle loro vite.
C’è uno spazio, però, che forse potrà aiutare la politica ad accorciare le distanze e a riscoprire il suo ruolo proprio con le generazioni che meglio lo utilizzano: il web. Chi fa politica oggi è chiamato a dare testimonianza anche online. Su internet non si può bluffare: twitter con i suoi 140 caratteri ti costringe ad essere chiaro e sintetico, facebook ti obbliga a rispondere pubblicamente ai quesiti che ti postano, un blog ha bisogno di costanza e coerenza, l’open government ti costringe alla massima trasparenza, il fact checking quasi istantaneo non ti permette di citare dati e fonti non vere, e così via.
E’ ovvio che non si può esaurire tutto nel www, ma è anche vero che ormai non si può nemmeno prescindere dall’incontro virtuale. Qualche giorno fa Padre Antonio Spadaro, direttore di “Civilità Cattolica”, in un articolo pubblicato sul suo blog, rispondeva alle critiche mosse dall’Osservatore Romano al web in questo modo:
"La vita è una sola, sia che essa viva nell’ambente fisico sia che essa viva nell’ambiente digitale. La rete non è una realtà parallela, ma è chiamata ad essere uno spazio antropologico interconnesso radicalmente con gli altri spazi della nostra vita (…) Credo che non si debba attribuire alla rete ciò che invece dipende dai nostri limiti relazionali e umani e che trasferiamo sul web esattamente come negli altri ambienti che frequentiamo offline. Attribuire al web le colpe che sono nostre è una forma di deresponsabilizzazione, di inaccettabile posizione di determinismo tecnologico.”La politica fatta sul web incontra gli stessi ostacoli che ha nella realtà. Abbiamo davanti una sfida enorme: riappropriarci insieme della parola responsabilità, facendola vivere nella nostra vita offline e online. Io credo che internet sia uno strumento essenziale per affrontare la sfida entusiasmante che abbiamo davanti: scrivere un futuro migliore di quello che ci hanno prospettato. Forse, se riusciremo a raccontare un Noi, un giorno ci sorprenderemo di quello che saremo riusciti ad immaginare.
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