Vorrei gioire per i motivi che hanno spinto oggi Bersani a dichiarare che si è vinto senza se e senza ma e illustrando il tutto con tabelle, tabelline, torte, istogrammi e iconografiche tipo quella qui a fianco, ma proprio non ce la faccio. E' vero, abbiamo vinto in molte città, stravinto rispetto al centrodestra, ma non possiamo far finta di non vedere i voti assoluti in picchiata e i dati bassissimi dell'affluenza.
Potrei intristirmi o essere infastidito dalla sufficienza di taluni nell'analizzare il voto di Parma, inquadrandolo in schemi che evidentemente sono un po' anacronistici, come Letta qui sopra, o anche la sempiterna Rosy Bindi su Rai3 oggi pomeriggio, ma penso che stasera, tutto sommato, posso farne a meno. Si commentano da soli, travolti dalla realtà delle cose. Un'analisi che guarda indietro nella migliore delle ipotesi, un madornale errore se fatta pensando a cosa ci aspetta da ora in avanti.
Gli elettori hanno urlato a squarciagola quello che in molti nei partiti fanno ancora fatica a sentire, presi come sono dalle loro ataviche convinzioni: non ne possono più di una politica autoreferenziale, imbalsamata nella seconda repubblica, se non nella prima, fatta di continui ritardi, scandali, opacità, sperperi di denaro pubblico, incapacità di governare i cambiamenti. La maggior parte è stata a casa, altri hanno votato Grillo. Lo hanno fatto molti elettori di destra, spaesati e rimasti senza una casa, ma anche quelli di sinistra, c'è da scommetterci.
Ben venga allora il Movimento 5 stelle, una bella spina dolorosa ficcata nel nostro fianco, che ci ricorda che trasparenza, innovazione, difesa del territorio, legalità, ambiente, sono temi che ci appartengono e che troppo spesso abbiamo derubricato e messo in secondo piano. Ben venga il Movimento 5 stelle, con liste piene di cittadini e ragazzi (già, quei ragazzi che non si vedono spesso nei nostri circoli) che hanno voglia di mettersi al servizio e lavorare, ben venga la vittoria di Parma, nella quale si dovranno misurare con il governo e l'amministrazione.
Il successo di Beppe Grillo è la conseguenza di errori che continuiamo a compiere e la prova è davanti a noi quotidianamente: D'Alema e Veltroni, Bindi e Finocchiaro, Fioroni e Gentiloni, Letta e Fassino. Una classe dirigente sulla cresta dell'onda da vent'anni che ha bruciato un capitale di credibilità enorme. Personalità che anziché agevolare complicano le vittorie. Si vince nonostante, non grazie a loro.
Come facciamo a risultare credibili se non rispettiamo nemmeno i regolamenti che ci facciamo in casa nostra? Lo Statuto è chiaro, dopo tre mandati si va a casa. Certo, c'è scritto anche che è possibile andare in deroga a questa norma, ma le deroghe sono tali se restano eccezioni. Quando diventano abitudini è molto complicato risultare persone serie e credibili.
Altra domanda: come si fa a dichiarare che si è a favore della redistribuzione del reddito, per una società più giusta e egualitaria, se nemmeno dentro al partito si riesce a rispettare questa regola di convivenza civile, visto che i soldi alla base non arrivano?
Non ci raccontiamo storie: il Pd tiene perché è fatto di persone che tengono aperti i circoli nonostante non arrivino soldi da Roma, da consiglieri che si decurtano lo stipendio per dare una mano, da parlamentari che non si vedono mai e che fanno il loro lavoro con passione ed impegno. Quelle tante persone normali, su cui Grillo non ha la golden share, che credono in questo progetto politico e che si impegnano per realizzarlo. Il Pd vince perché è un partito, certo malconcio, ma appoggiato su basi solide, su persone che non hanno mai messo in tasca granché (al massimo ci hanno perso, in termini economici), che si arrabbiano il doppio con Lusi e Penati, che non hanno niente da invidiare alla freschezza dei candidati 5 stelle, che hanno con orgoglio la tessera di partito perché credono in questa forma di aggregazione e si riconoscono nei valori che quelle due lettere, Pd, dovrebbero rappresentare.
Davanti a noi abbiamo mesi fondamentali. Chi di noi riesce a sentire l'urlo lanciato e crede nel Pd ha il dovere di fare un passo avanti. In questi mesi ho imparato che chi vuole fare bene politica deve affinare un'arte fondamentale: l'ascolto. Purtroppo c'è qualcuno nelle alte sfere Pd che ha problemi in questo senso: molti sono afflitti da forti problemi d'udito; data l'età di alcuni, verrebbe da dire, il problema è del tutto naturale, se giocassero a bocce non ci sarebbe nemmeno da preoccuparsi. Visto però che così non è, c'è un solo rimedio: molti si devono fare da parte, con le buone (da soli) o con le cattive (battuti politicamente con congressi e primarie). Lo sanno tutti che è pericoloso guidare la macchina quando non si vede bene da vicino, c'è qualche problema nel mettere a fuoco l'orizzonte, non si sentono bene sirene e clacson, si fa fatica a tenere ben saldo il volante nelle proprie mani. A maggior ragione se la strada è dissestata, piena di curve e strapiombi.
Chi oggi se la sente di guidare ha il dovere di farlo. Chi sente questo grido non ha più scuse. Questo deve essere il tempo dei passi in avanti, del coraggio e del mettersi in gioco. Questo è il tempo dell'aggrapparsi ai sogni, facendoli diventare realtà. Questo è il tempo del rinnovamento. Questo è il tempo del ricambio, questo è il tempo di una credibilità da ritrovare, questo è il tempo di un nuovo modo di fare politica: aperto, trasparente, partecipato, limpido.
Prendiamoci tutti per mano e andiamoci a prendere un futuro che è lì, dietro questa porta dissestata chiusa da troppo tempo, da aprire per far prendere aria ad una stanza in cui non si respira più.
Nessun commento:
Posta un commento